Sinistro stradale: concorso di colpa per il passeggero che indossa il casco a scodella
Per la Cassazione (ordinanza n. 6161/2020) sussiste quando l’utilizzo di un dispositivo di protezione vietato dalla legge è eziologicamente connesso al danno (31/03/2020) È configurabile il concorso di colpa in capo al terzo trasportato che indossa un casco vietato dalla legge, come quello a scodella, se tale circostanza è eziologicamente connessa al danno.
Il divieto di uso del casco recante l’omologazione DGM – ossia del cosiddetto casco a scodella o padella – è in vigore dal 2000 per i motocicli e dal 2010 per i ciclomotori. Se le lesioni al volto, subite dal terzo trasportato, a seguito dell’urto, sono causalmente connesse all’uso del casco vietato, sussiste il concorso colposo del danneggiato. Nella fattispecie oggetto di scrutinio, l’impiego del casco integrale, come prescritto dalla legge, avrebbe escluso il “trauma facciale”, pertanto, l’utilizzo di un dispositivo di protezione vietato dalla legge, se eziologicamente connesso al danno, comporta l’attribuzione del concorso di colpa nella causazione del danno stesso.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza 5 marzo 2020, n. 6161.
La vicenda
Il conducente di un motociclo si distraeva, non si avvedeva della presenza di un cane sulla carreggiata e, per evitarlo, cadeva al suolo. Sul mezzo viaggiava anche un passeggero che, a seguito del violento urto, subiva lesioni al volto e ai denti, un trauma alla spalla e al ginocchio. Il terzo trasportato evocava in giudizio il proprietario e il conducente del motociclo, nonché la compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento dei danni
quantificati in circa 20 mila euro.
In primo grado, il giudice accertava il concorso colposo nella causazione del sinistro nella misura del 50%, in quanto il terzo trasportato non indossava il casco integrale omologato, ma il casco a scodella vietato dalla legge; inoltre, dichiarava inammissibile l’azione diretta proposta verso la compagnia assicuratrice ex art. 141 Cod. Ass. In sede di gravame, la sentenza veniva parzialmente riformata, giacché si dichiarava ammissibile l’azione esperita
verso l’assicuratore e gli appellati erano condannati al pagamento di metà delle spese di lite. Si giunge così in Cassazione.
La normativa di riferimento in materia di casco
Di seguito, ricordiamo brevemente la disciplina in materia di impiego dei dispositivi di protezione da impiegare su ciclomotori e motocicli:
- con il D.M. 28 luglio 2000 è diventato illegittimo l’uso del casco con omologazione DGM, ossia a scodella, per i motocicli (vale a dire, per i veicoli a due ruote, che possono trasportare non più di 2 persone, il cui conducente deve avere almeno 16 anni di età);
- con la Legge n. 120/2010 recante modifiche al Codice della Strada (art. 28), è diventato illegittimo l’uso del casco a scodella, con decorrenza 12.10.2010, anche per i ciclomotori (ossia per i veicoli che possono avere due, tre o quattro ruote, una cilindrata non superiore a 50 cc; che viaggiano al massimo a 45 km/h; che possono trasportare solo il conducente, il quale deve avere almeno 14 anni d’età).
Il ricorrente si duole del fatto che il divieto di uso del casco cosiddetto a scodella sia stato introdotto nel 2010 e, quindi, in epoca posteriore all’incidente (avvenuto nel 2009). La Suprema Corte rileva come, nella fattispecie in esame, il sinistro abbia coinvolto un motociclo, pertanto, la norma applicabile risalga al 2000, periodo anteriore al verificarsi del
sinistro.
Per completezza espositiva, preme segnalare che il passeggero indossava un casco a scodella (vietato) e non un casco jet (consentito), vediamo sommariamente le differenze più evidenti:
- casco a scodella o padella – vietato: copre solo la parte superiore della testa, non protegge le orecchie, il collo e il viso;
- casco aperto jet – permesso: copre la testa, le orecchie, il collo, può avere la visiera, ma non reca la mentoniera (come, invece, quello integrale).
Concorso di colpa del passeggero con casco non omologato
Il Codice della Strada (art. 171) impone l’uso del casco protettivo, omologato e regolarmente allacciato, per gli utenti dei veicoli a due ruote, ciclomotori e motoveicoli. Il suddetto obbligo riguarda i conducenti e i passeggeri. L’omesso uso del casco protettivo può integrare una fonte di corresponsabilità nel caso di sinistro stradale; nondimeno, è necessario che il giudice accerti che la violazione abbia concretamente influito sull’eziologia del danno, costituendone un antecedente causale. Infatti, «in materia di sinistri stradali, la mera violazione di una norma che disciplina la circolazione di per sé non è fonte di responsabilità civile, ove tale violazione non si ponga quale elemento causale rispetto all'evento dannoso» (Cass. 24432/2009). In buona sostanza, occorre verificare se l’aver indossato il casco a scodella abbia contribuito causalmente alla verificazione del danno.
Nella fattispecie oggetto di scrutinio, il concorso colposo era stato fondato
- in primo grado, sull’uso di un casco non regolamentare (vietato dalla legge)
- in secondo grado, sulla circostanza che il casco non fosse integrale, giacché le lesioni ai denti e alla mascella non si sarebbero verificate in presenza di un casco protettivo dell’intero viso.
Il giudice del gravame, pertanto, ha individuato un nesso causale tra l’uso del casco “aperto” e la rottura dei cinque denti, della mandibola e delle altre lesioni. Il ricorrente aveva dedotto di indossare il casco regolarmente allacciato e omologato; il mancato uso del casco integrale non è stato contestato dal passeggero né in primo né in secondo grado, pertanto, risulta dimostrato e su questo elemento si fonda il concorso di colpa.
Casco a padella vietato per motocicli e ciclomotori
La Suprema Corte richiama un proprio precedente in relazione alla disciplina applicabile all’utilizzo dei caschi di protezione (Cass. 20558/2019), precisando che «la L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 28, con decorrenza dal 12 ottobre 2010, ha reso illegittimo l’utilizzo del casco
con omologazione DGM (cd a scodella) anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000». Da quanto detto, discende che il passeggero avrebbe dovuto dimostrare che la vicenda riguardava la circolazione di un ciclomotore, (ossia di un veicolo a due ruote, di cilindrata
non superiore a 50 c.c. e velocità massima di 45 km all’ora). Non solo tale deduzione è assente dal ricorso, ma il ricorrente chiaramente afferma che il sinistro sia avvenuto a bordo di un motoveicolo (vale a dire, un motociclo con cilindrata e velocità superiori). Pertanto, il divieto di utilizzo del casco a scodella DGM (2000) era assai precedente alla data di verificazione del sinistro (2009).
Conclusioni
In definitiva, la Suprema Corte – eccezion fatta per la censura sulle spese di lite – rigetta il ricorso e richiama la propria giurisprudenza in materia, in virtù della quale l’utilizzo del casco con omologazione DGM (cd a scodella) è illegittimo, anche per i ciclomotori, dal 2010, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni risale al 2000.
Il passeggero si era difeso sostenendo che il divieto di uso del casco a scodella fosse posteriore all’incidente, invero, così non è, giacché egli si trovava su un motociclo, mezzo per il quale il divieto sussiste dal 2000. In ogni caso, tenuto conto delle lesioni riportate in conseguenza del sinistro (frattura di cinque elementi dentari) sussiste un evidente nesso di
casualità tra il mancato utilizzo del casco integrale e i danni in questione, da cui discende il concorso di colpa del danneggiato.