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E’ reato lasciare il cane chiuso in macchina per ore

E' reato lasciare il cane chiuso in macchina per ore

La Cassazione penale chiarisce che l'inflizione delle sofferenze possa essere riconducibile a mera colpa del soggetto agente (sentenza n. 36713/ 2021)

21/10/2021

La gravità del patimento inflitto all'animale può essere desunta dal grado di incompatibilità delle modalità di detenzione con le caratteristiche etologiche dello stesso, avuto riguardo al patrimonio di comune esperienza e conoscenza.
Questo è quanto stabilito dalla Corte Suprema di Cassazione, sezione III penale, con la sentenza 24 febbraio - 8 ottobre 2021, n. 36713. 

Il fatto

La sentenza è stata emessa a seguito del ricorso degli imputati avverso la condanna alla pena di euro 4.000 di ammenda, pronunciata dal Tribunale di Trapani in relazione al contestato reato di cui all'art. 727 c.p., per avere i medesimi causato, in concorso tra di loro, gravi sofferenze a due cani lasciandoli chiusi durante la notte all'interno di un'autovettura parcheggiata lungo la pubblica via, senza acqua e senza possibilità di movimento.
Il giudice di merito aveva, in particolare, ritenuto che la permanenza dei due cani nell'auto, protrattasi per oltre tre ore, integrasse una forma di detenzione incompatibile con la natura degli animali tale da produrre agli stessi gravi sofferenze, alla luce dell'impossibilità di movimento e di soddisfacimento delle più elementari necessità fisiologiche dei quadrupedi, considerato che si trattava di due esemplari di grossa taglia, che l'abitacolo era di esigue dimensioni, che al suo interno non erano state rinvenute ciotole per l'acqua e che il fatto si era svolto in una notte invernale senza adeguata protezione dalle intemperie.
I ricorrenti, con un unico comune motivo, deducevano la violazione dell'art. 727 c.p e il vizio di motivazione assumendo che le sofferenze patite dai due cani non fossero state dimostrate, e che le condizioni di detenzione da cui erano state dedotte non fossero incompatibili con la natura degli animali domestici non essendo l'autovettura un luogo
insalubre.

La sentenza

La Corte ha respinto il ricorso condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 727 c.p. ha, come noto, natura contravvenzionale, ragion per cui non richiede necessariamente che la condotta posta in essere sia sorretta dalla specifica volontà di infierire sugli animali, essendo sufficiente che sia determinata da condizioni oggettive di incuria o di negligenza.
Ne consegue che l'inflizione delle sofferenze possa essere riconducibile a mera colpa del soggetto agente.
Orbene, osserva la Corte, anche se il requisito della “gravità” delle sofferenze ha la funzione di rendere oggettiva la sofferenza percepita dall'animale a causa delle condizioni in cui viene detenuto, non vi è dubbio che la norma pretenda una
“corrispondenza biunivoca tra la sofferenza dell'animale e le modalità della sua detenzione”, sicchè è dall'analisi di queste ultime e dal grado di incompatibilità con la natura dell'animale stesso che deve essere desunta la gravità del patimento inflittogli.
Concetto che può essere desunto facendo riferimento a quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore, avuto riguardo, specie per gli animali domestici, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza.
In quest'ottica, a nulla rileva che l'abitacolo di un'autovettura non sia di per sè un ambiente insalubre o che non siano accertate peritalmente le lesioni dell'integrità psico fisica degli animali poiché elemento dirimente è la verifica della situazione contingente alla stregua del contesto spazio temporale e delle omissioni poste in essere dagli imputati nell'assolvimento dei compiti di cura che devono presidiare il benessere degli animali detenuti: quindi avuto riguardo, nel caso in esame, alla durata dello stazionamento dei due esemplari all'interno dell'abitacolo, alle dimensioni anguste dello stesso anche in considerazione della grossa taglia degli animali, al mancato reperimento di ciotole d'acqua e all'irrequietezza palesata dalle due bestie per le
condizioni di detenzione.
In conclusione, la disposizione incriminatrice di cui all'art. 727 c.p. ha lo scopo di preservare l'animale da condizioni di detenzione o custodia tali da infliggergli un dolore che ecceda, rispetto alla finalità perseguita dall'agente, la soglia di tollerabilità; pertanto è dalle condizioni complessive di detenzione che possono desumersi le gravi sofferenze,
configuranti l'elemento costitutivo della fattispecie in questione, idonee ad incidere sulla sensibilità dell'animale come essere vivente, a prescindere da lesioni dell'integrità fisica dello stesso.


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