Polizza assicurativa: clausola ambigua va interpretata contro la compagnia
Cassazione Civile, sez. III, sentenza 18/01/2016 n° 668
Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione analizza la delicata questione dell'interpretazione delle clausole predisposte da uno dei contraenti a sfavore dell'altro e di quali siano le conseguenze in caso di ambiguità o poca chiarezza delle clausole stesse. La circostanza posta all'attenzione della Corte di Cassazione scaturisce dalla vicenda che vede come protagoniste una società che produce calcestruzzo, la quale aveva concluso una polizza assicurativa con tre compagnie a seguito di un contratto di finanziamento.
L'esplosione di un'autoclave aveva provocato la morte di una persona; da qui la richiesta di indennizzo da parte della società alle compagnie coassicuratrici, le quali però rifiutarono di pagare ritenendo che quel tipo di danno non rientrasse tra le ipotesi previste e coperte da garanzia. Infatti, per le compagnie assicurative la clausola inerente i danni da scoppio afferiva solo ed esclusivamente all'esplosione provocata da un eccesso di pressione e non da un cedimento strutturale così come si era verificato. Mentre in primo grado le compagnie furono condannate, in appello la sentenza fu ribaltata e la domanda risarcitoria rigettata.
Secondo la Corte di Cassazione sussiste la violazione dell'art. 1362 c.c., dal momento che l'interpretazione delle clausole contrattuali adottata dai giudici di appello era incoerente rispetto alla volontà delle parti; era infatti emerso che l'impresa, concludendo la polizza assicurativa, aveva chiaramente espresso la volontà di tutelarsi contro i danni da scoppio in genere e che la stessa copertura assicurativa era stata richiesta dall'istituto bancario concedente il finanziamento per la costituzione dello stabilimento. Viene ravvisata, inoltre, anche la violazione dell'art. 1370 c.c., poiché in presenza di una clausola contrattuale ambigua, i giudici di appello avrebbero dovuto ricorrere all'interpretazione contro lo stipulatore.
Del resto, sebbene la norma in questione sia stata oggetto di discussione, è prevalso in giurisprudenza l'orientamento secondo cui lo scopo della norma è quello di evitare che il predisponente con un comportamento contrario al principio di buona fede possa avvantaggiarsi dell'ambiguità delle clausole unilateralmente elaborate. In altre parole, l'art. 1370 avrebbe l'intento di rinforzare la tutela in sede interpretativa apprestata dagli art. 1341 e 1342 c.c. a favore del contraente che aderisce a schemi negoziali unilateralmente predisposti da altri.
Nella circostanza il contratto di assicurazione definiva il rischio assicurato con una formula piuttosto ambigua: "lo scoppio causato da eccesso di pressione". Questa ambiguità, se non superabile col ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362 - 1369 c.c., avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad applicare il criterio dell'interpretatio contra proferentem, interpretando cioè la clausola in senso sfavorevole alla parte che l'ha predisposta. Al contrario, osservano i giudici della Suprema Corte, nella fattispecie la clausola è stata interpretata in modo favorevole al predisponente.
A conclusione del suo ragionamento, la Terza Sezione afferma il seguente principio di diritto: "Il contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dall'art. 1362 c.c. e ss., ed in particolare quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c..