La convivenza di fatto finisce? Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato
Tribunale, Milano, sez. XIII, sentenza 22/10/2015 n° 11850
Il contributo economico dato da ciascun convivente di fatto costituisce adempimento dei doveri sociali e morali nei confronti dell'altro, espressione della solidarietà fra persone unite da un legame intenso e duraturo. Ne consegue che deve escludersi il diritto del convivente alla ripetizione delle attribuzioni patrimoniali a favore del convivente more uxorio, effettuate nel corso del rapporto, configurandosi l'adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.
Il Tribunale di Milano con ferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il convivente di fatto non ha diritto di ripetere le attribuzioni patrimoniali effettuate nell’ambito della convivenza in adempimento dei doveri di natura morale e sociale che scaturiscono da una stabile relazione. L’uomo aveva agito in giudizio chiedendo la condanna della ex compagna al pagamento della metà dei canoni di locazione da lui interamente pagati nel periodo della convivenza, e la restituzione delle somme versate per la ristrutturazione dell’immobile.
Secondo il ricorrente la domanda si basava su un precedente accordo di suddivisione delle suddette spese. La convenuta contestava che un tale accordo fosse mai avvenuto e dichiarava che il concorso alle spese familiari da parte sua avveniva in misura paritaria, ma con altre modalità, poiché la stessa sosteneva interamente il costo relativo al vitto, alle utenze della casa, della collaboratrice domestica e delle spese per le vacanze.
Il tribunale milanese ha respinto il ricorso aderendo al principio secondo cui i doveri morali e sociali, derivanti dalla formazione sociale costituita dalla convivenza, incidono sui rapporti di natura patrimoniale, nel senso di escludere il diritto del convivente di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso o in relazione alla convivenza. Questo tipo di unioni, infatti, assumono rilievo costituzionale in quanto tutelate dall’art. 2 della Costituzione come formazioni sociali, e presentano significative analogie con la famiglia matrimoniale (Cass.1277/2014). Nel caso specifico, le parti hanno formato una coppia di fatto, hanno vissuto insieme con il figlio che la convenuta avuta avuto da un precedente matrimonio, ed hanno anche effettuato accertamenti per utilizzare le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Finché è durata l’unione, nessuno dei due ha mai chiesto la restituzione di quanto anticipato dall’altro in via esclusiva, proprio perché i pagamenti trovavano la causa nella solidarietà derivante dalla convivenza. Non si può neppure configurare l’ipotesi di un arricchimento indebito senza giusta causa, poiché non può esserci l'ingiustizia dell'arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell'altro, in presenza di prestazioni che costituiscono adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza. Infine, le contribuzioni dei conviventi alle spese familiari appaiono proporzionate e adeguate alle condizioni economiche di ciascuno.
Ai conviventi di fatto sono stati attribuiti di recente, nell’ambito della legge sulle unioni civili, una serie di diritti collegati alla registrazione della convivenza (in parte già riconosciuti dalla giurisprudenza), ed è stata prevista la possibilità di regolare l’unione di fatto mediante contratti di convivenza. Con la stipula di un contratto di convivenza, le parti potranno stabilire le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune e scegliere anche il regime patrimoniale della comunione dei beni.