Figlio di coppia lesbica: sì al cognome della madre sociale
Cassazione Civile, sez. I, sentenza 15/06/2017 n° 14878
Due cittadine italiane richiedevano al Tribunale di Venezia la “rettificazione” dell’atto di nascita formato all’estero, nel Regno Unito, e già trascritto in Italia. La rettifica si rendeva necessaria perché gli uffici britannici avevano, solo successivamente, chiarito che la registrazione del minore doveva essere registrata “anche come figlio della – partner – di cui assumeva il cognome, pur non avendo essa alcun rapporto biologico con lui”.
L’ufficiale dello Stato civile del Comune italiano competente rifiutava la rettificazione provocando, quindi, il ricorso al Tribunale che, a sua volta, rigettava la domanda perché la “rettificazione” sarebbe risultata “contraria all’ordine pubblico italiano”.
Proposto reclamo alla Corte di Appello competente, quest’ultima lo rigettava motivando con l’impossibilità di trascrivere, ex art. 18 DPR n. 396 del 2000, atti formati all’estero che abbiano effetti contrari all’ordine pubblico interno. In particolare, chiariva la Corte che il ricorso, lungi dall’avere ad oggetto una “mera rettificazione”, verteva, in realtà, sulla “validità in Italia del matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che la giurisprudenza italiana di legittima era “granitica” nell’individuare, nella diversità di sesso tra i nubendi, un requisito indispensabile per l’esistenza del matrimonio civile”. La stessa Corte rimarcava che seppur in Italia fosse stata promulgata la legge disciplinante le “unioni civili”, queste non si sarebbero potute assimilare all’istituto che ha dato scaturigine alla vicenda in territorio britannico.
Veniva proposto ricorso per Cassazione, fondandolo su due motivi. Il primo volto a lamentare la violazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c., con riferimento all’art. 112 c.p.c., in quanto nessuna richiesta di “rettificazione” sarebbe stata svolta in merito all’atto di matrimonio estero, mentre nessuna esplicita motivazione sarebbe stata data in merito alla contrarietà all’ordine pubblico interno dell’atto di nascita di cui trattasi.
Con il secondo motivo, ex art. 360, n. 5 c.p.c., invece, richiamato il “superiore interesse del minore” così come previsto dalla convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, si lamentava che la pronuncia della Corte di Appello aveva omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, non considerando che “la trascrizione del nuovo atto di nascita del minore garantirebbe il pieno diritto all’identità personale e al suo status di figlio di una coppia di genitori, indipendentemente dal fatto che siano di sesso diverso o di sesso uguale”.
Ciò comporterebbe, a detta delle ricorrenti, la violazione di quel diritto alla “vita privata familiare” del minore.
La Suprema Corte, evidenziato che statuizioni sull’atto di nascita nel caso de quo debbono, incidenter tantum, valutare anche la contrarietà all’ordine pubblico interno del “sottostante” atto di matrimonio “estero”, evidenzia come il giudice a quo erri nell’affermare che il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero sia inesistente, a fronte della pronuncia della medesima Suprema Corte (la n. 4184 del 2012) che ne sancisce la inefficacia, non la inesistenza.
La Corte di Cassazione, quindi, nella pronuncia al nostro esame ricorda che il comma 20, dell’articolo 1 della Legge che ha introdotto la disciplina delle unioni civili, estende le disposizioni contenenti le parole “coniuge, coniugi”, ovunque ricorrenti nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, a “ognuna delle parti civili”. La Corte richiama quindi due sue recenti pronunce in cui, ha fatto applicazione della suddetta norma a casi concreti: nella prima, la sentenza 12962 del 2016, aveva statuito che c'è un legame affettivo consolidato al quale va data rilevanza giuridica per la piena realizzazione dei diritti fondamentali del bambino, quello ad avere due genitori con pari responsabilità e quello del diritto al riconoscimento della propria identità personale; nella seconda, la sentenza n. 19599 del 2016, in un caso di due donne che, dopo essersi sposate in Spagna, avevano deciso di ricorrere alla procreazione assistita per allargare la famiglia (l’una aveva donato gli ovuli, l'altra aveva partorito), aveva statuito non ci fosse contrarietà all'ordine pubblico perché "non è ravvisabile per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente da una o più disposizioni del diritto nazionale".
Venendo, poi, alla nozione di ordine pubblico, la Corte di Cassazione ribadisce che è all’ordine pubblico internazionale che il giudice deve guardare nel pronunciare in questi casi e non all’ordine pubblico interno.
Rinviando alla pronuncia n. 19599 del 2016, la Corte di Cassazione evidenzia come “la nascita del bambino costituì un progetto condiviso della coppia, espressione di affetto e solidarietà”. A tal proposito, tra i primissimi commenti alla pronuncia che qui ci occupa c’è chi fa notare come “nella linea della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione è stata depositata il 15 giugno scorso la sentenza numero 14878 relativa alla trascrizione dell’atto di nascita estero di un minore, la cui madre è coniugata con una altra donna. La particolarità e la novità della pronuncia stanno nel fatto che, mentre la madre ha seguito la tecnica della fecondazione eterologa con seme di donatore anonimo, l’altra donna non ha alcun rapporto biologico con il minore, anche se la nascita è avvenuta all’interno di un progetto familiare condiviso dalle due donne. Si tratta quindi di una via diversa rispetto alla stepchildadoption, che rende la compagna della madre biologica genitore a tutti gli effetti senza ricorrere all’adozione” (Prof. Alberto Figone).
La stessa Corte ricorda come “nella sentenza di questa Corte n. 19599 del 2016, che costituisce il naturale precedente di questa (pur essendo le fattispecie diverse), si afferma che la donazione di ovulo fecondato alla partner che partorisce, non si configura come maternità surrogata, ma piuttosto come una situazione analoga alla fecondazione eterologa”.
Pertanto, la Corte conclude ricordando l’incostituzionalità dell’esclusione della procreazione mediante eterologa, “ammettendo quindi a tutti gli effetti tale tipo di procreazione assistita”.
Ebbene, la Corte conclude evidenziando come l’art. 9 della legge n. 40 del 2004 preveda cha il donatore non acquisisca alcuna relazione parentale con il nato e al contempo che il coniuge o il convivente non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità né impugnare il riconoscimento.
Da tutto ciò la Corte fa derivare la non contrarietà all’ordine pubblico internazionale della richiesta di rettificazione avanzata dalle due donne e accogliendo il ricorso, ha deciso nel merito e accolto la domanda.
Passando ad un esame della pronuncia del 15 giugno 2017 appare opportuno, in via preliminare, ricordare che l’art. 236 cod. civ., rubricato ‘‘atto di nascita e possesso di stato’’, prevede che ‘‘la filiazione si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile’’. A tal proposito la Corte di Cassazione con pronuncia n. 367 del 14.1.2003 ha avuto modo di chiarire come “Lo stato di figlio, a norma dell'art. 33 della legge 31 maggio 1995, n. 218, è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, legge cui è demandato di regolare presupposti ed effetti del relativo accertamento. Ciò comporta che tale status dipenda dai provvedimenti accertativi e dalle statuizioni giurisdizionali dello Stato estero di nascita, con divieto al giudice italiano di sovrapporre a quegli accertamenti fonti di informazione estranee o nazionali, ma non implica che la certificazione straniera sia assistita dalla fede privilegiata di cui all'art. 2700 c.c., perché in tal caso si attribuirebbe ai funzionari dell'autorità straniera ben più che il potere di attestazione efficace in Italia ex art. 33 della legge n. 218 del 1995, e cioè la veste di pubblico ufficiale, con riguardo alle dichiarazioni rese in scritture di loro formazione ed agli effetti del procedimento di cui agli artt. 221 c.p.c. e segg”.
Non può dimenticarsi che l’atto di nascita è fondamentale nel corso della vita di un individuo: rappresenta, infatti, un vero e proprio “file” che si aggiorna continuamente e che rappresenta il vissuto burocratico-giuridico di un individuo, rientrandovi notizie sul matrimonio, sul suo scioglimento, oppure relative all’interdizione o inabilitazione e alla loro revoca, al mutamento di genere e di nome e tanto altro ancora.
Tuttavia, il D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, recante il regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127, prevede, al suo articolo 18, dei “casi di intrascrivibilità”, stabilendo che “gli atti formati all'estero non possono essere trascritti se sono contrari all'ordine pubblico”.
Sul concetto di ordine pubblico, tuttavia, la stessa Corte di Cassazione ha avuto modi di statuire come non può, ormai, non guardarsi all’ordine pubblico “internazionale” ovvero a quell‘insieme “di principi di carattere universale, comuni a molti ordinamenti giuridici, volti alla tutela e all’implementazione di diritti fondamentali della persona umana, spesso sanciti in dichiarazioni o convenzioni internazionali’’ (cfr. Cass., 22.8.2013, n. 19405). Principio che è stato sviluppato e ampliato dalla nota pronuncia 19599 del 2016 della Corte di Cassazione nella quale vengono affermati i seguenti principi:
- Il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l’ordinamento giudico dell’atto di stato civile straniero i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia, deve verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto a una o più norme interne (seppur imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Corte costituzionale, dai trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
- Il riconoscimento e la trascrizione nel registro dello stato civile in Italia di un atto straniero, validamente formato, nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne a seguito di procedura assimilabile alla fecondazione eterologa, per aver la prima donato l’ovulo e la seconda condotto a termine la gravidanza con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto, non contrasta con l’ordine pubblico, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, del superiore interesse del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla conservazione del suo status filiationis, validamente acquisito all’estero.
- L’atto di nascita straniero (valido, nella specie, sulla base di una legge in vigore in un altro paese della Ue) da cui risulti la nascita di un figlio da due madri (per avere l’una donato l’ovulo e l’altra partorito) non contrasta di per sé con l’ordine pubblico per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell’ordinamento italiano dalla legge n° 40 del 2004, la quale rappresenta una delle possibili modalità di attuazione del potere regolatorio attribuito al legislatore ordinario su una materia, pur eticamente sensibile e di rilevanza costituzionale, sulla quale le scelte legislative non sono costituzionalmente obbligate;
- In tema di PMA, la fattispecie nella quale una donna doni alla propria partner il suo ovulo, la quale partorisca utilizzando un gamete maschile donato da terzo ignoto, non costituisce un’ipotesi di maternità surrogata o di surrogazione di maternità, ma una ipotesi di genitorialità realizzata all’interno della coppia, assimilabile alla fecondazione eterologa dalla quale si distingue per essere il feto legato biologicamente ad entrambe le donne registrate come madri in Spagna (per averlo l’una partorito e per avere l’altra trasmesso il patrimonio genetico)
- La regola secondo cui è madre colei che ha partorito, ai sensi del terzo comma dell’art. 269 c.c., non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicché è riconoscibile in Italia l’atto di nascita straniero dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri, non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola.
Alla luce di questi principi s’è innestata la pronuncia della Corte di Appello di Trento con l’ordinanza del 23 febbraio 2017. Il quid novi rispetto ai principi appena elencati era rappresentato, proprio come nella sentenza in commento, dall’assenza di un legame biologico tra uno dei due genitori (in questo caso, due papà) ed il minore. La fattispecie riguardava due padri, appunto, che ricorrevano agli ovociti donati da una donna, poi fecondati con il seme di uno dei genitori e impiantati nell’utero della gestante, resasi disponibile a portare a termine la gravidanza per conto della coppia.
Nati due gemelli, i due papà ottenevano da una Corte spagnola un provvedimento di cogenitorialità. Pertanto, i “neo” genitori chiedevano la trascrizione degli atti di nascita così formati presso il loro comune italiano di residenza. Richiesta che veniva rigettata dall’ufficio dello stato civile perché ritenuta la contrarietà degli atti di nascita all’ordine pubblico.
Ebbene, la Corte di Appello di Trento, dopo aver richiamato i principi della sentenza della Corte di Cassazione n. 19599 del 2016, per la prima volta accenna all’importanza di un “progetto di genitorialità” che, nell’alveo delle pronunce indicate dal giudice di legittimità, fa affermare al Giudice di secondo grado che «la famiglia è sempre più intesa come comunità di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti: al diritto spetta di tutelare proprio tali rapporti, ricercando un equilibrio che permetta di contemperare gli interessi eventualmente in conflitto, avendo sempre come riferimento, ove ricorra, il prevalente interesse dei minori».
Anche nel caso di questa sentenza n. 14878 del 2017 le mamme hanno condiviso un progetto di genitorialità condivisa, “espressione di affetto, e solidarietà reciproca”.
È, quindi ancora una pronuncia che segna il lungo cammino di affermazione nelle società contemporanee della “genitorialità sociale” stante l’esigenza, sempre più crescenti in situazioni di questo tipo, di attribuire rilievo a relazioni affettive che si instaurino all’interno di un nucleo fa- miliare tra un minore e il genitore che non ha legami biologici con lo stesso. Il dott. Massimo Dogliotti, magistrato della prima sezione della Suprema Corte, proprio quella sezione che ha emesso la pronuncia di cui si sta trattando, ha scritto “genitore vero è quello che educa e dona affetto al figlio, non quello che lo procrea, il genitore «storico», non quello biologico, come chiarisce, capovolgendo il famoso giudizio di Salomone, una pièce di grande bellezza, «Il cerchio di gesso del Caucaso» di Bertold Brecht, che non dovrebbe mai essere dimenticata” (cfr. FAMIGLIA E DIRITTO n. 4/1999, Opinioni).