Danni causati dal flacone di candeggina rotto? No al ristoro se non si prova il difetto
Cassazione Civile, sez. III, sentenza 19/02/2016 n° 3258
Nessun risarcimento spetta alla donna che ha riportato lesioni a causa della rottura di un fustino di candeggina, se non viene dimostrata l’esistenza di un difetto del prodotto. E’ quanto deciso dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 novembre 2015 - 19 febbraio 2016, n. 3258.
Nella vicenda in esame, una donna aveva proposto appello avverso la sentenza del Tribunale territorialmente competente, con la quale era stata rigettata la sua domanda di condanna al risarcimento dei danni patiti per via dell'esplosione di un contenitore di candeggina, prodotto dalla società convenuta. L’adita Corte d’appello aveva rilevato che non era stata fornita la prova della difettosità di produzione di quello specifico contenitore di candeggina, per cui ha rigettato il gravame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza, l’appellante ricorre in Cassazione sulla scorta di quattro motivi, esaminati dalla Suprema Corte congiuntamente per la loro stretta connessione. I giudici di legittimità hanno evidenziato che, poichè la responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, spetta al danneggiato - ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 (art. 120 del cd. "codice del consumo") - la prova specifica del collegamento causale tra difetto e danno, costituendo ciò un prerequisito della responsabilità stessa.
Inoltre, la Corte ha precisato che il concetto di difetto è strettamente connesso a quello di sicurezza. Dunque, applicando come criterio di riferimento la nozione di prodotto "sicuro" contenuta nella disciplina sulla sicurezza generale dei prodotti di cui al d.lgs. n. 172 del 2004, ora riprodotta nell'art. 103 Codice del consumo, "il livello di sicurezza prescritto, al di sotto del quale il prodotto deve, perciò, considerarsi difettoso, non corrisponde a quello della sua più rigorosa innocuità, dovendo, piuttosto, farsi riferimento ai requisiti di sicurezza generalmente richiesti dall'utenza in relazione alle circostanze specificamente indicate dall'art. 5 sopra cit. o ad altri elementi in concreto valutabili e concretamente valutati dal giudice di merito, nell'ambito dei quali, ovviamente, possono e debbono farsi rientrare gli standards di sicurezza eventualmente imposti dalle norme in materia".
Riportandosi a precedenti pronunce sul tema (Cass. n. 13458 del 2013, con riferimento a Cass. 13 dicembre 2010, n. 25116), la Cassazione ha poi osservato, che in normali condizioni di impiego, il prodotto in esame presenta un grado di pericolosità solo potenziale, insufficiente di per sé a delineare l’automatica responsabilità del produttore, a meno che non venga concretamente dimostrato che quella specifica condizione di insicurezza del prodotto è al di sotto del livello di garanzia, richiesto dai consumatori o dalle leggi in materia. Di conseguenza, non può ritenersi che il danno subìto dall’utilizzatore del prodotto costituisca un elemento di prova indiretta del carattere difettoso di quest'ultimo.
Rilevata la carenza probatoria in ordine all’asserito difetto di quel determinato articolo utilizzato dalla ricorrente, in quanto il mero riscontro testimoniale della rottura del flacone di candeggina è insufficiente a provare la difettosità del prodotto in assenza di ulteriori elementi convergenti in tal senso, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.