Assegno divorzile, mille euro al mese possono bastare!
Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22/05/2017
Ai fini della valutazione di autosufficienza del richiedente l’assegno divorzile, una persona è indipendente economicamente quando è adulta e sana e può provvedere al proprio sostentamento, ossia disporre di risorse sufficienti per le spese essenziali quali il vitto e l’alloggio, ed esercitare i propri diritti fondamentali.
Un parametro – sebbene non esclusivo – di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare delle entrate che consente a un individuo di accedere al patrocinio a spese dello Stato, oggi pari a euro 11.528,41 annui, ossia circa 1.000 euro mensili.
Il Tribunale di Milano sez. IX Civile, con ordinanza 22 maggio 2017, consegna una prima interpretazione del nuovissimo criterio dell’autosufficienza del coniuge richiedente l’assegno nel divorzio, dopo in revirement della Cassazione.
Fatto
I Coniugi, lui giornalista e lei imprenditrice, si erano separati consensualmente senza previsione di mantenimento per la moglie ma il marito le aveva ceduto a titolo gratuito, la sua quota di proprietà della casa familiare. I figli, uno maggiorenne e autosufficiente, l’altro maggiorenne ma non autosufficiente e convivente con la mamma, per il quale il padre versava il mantenimento.
Il reddito netto mensile del marito risultava di euro 2.950, detratto il canone locativo, e quello della moglie di circa euro 1.700 mensili.
Pu in presenza di una differenza reddituale, la donna era ben inserita nel mercato del lavoro in un settore non in crisi, essendo proprietaria del 98 % delle quote della società.
Il provvedimento presidenziale
La valutazione del Tribunale milanese circa l’attribuzione in via provvisoria e urgente dell’assegno divorzile in favore della moglie si basa su alcuni parametri.
In primo luogo, si richiamano due precedenti provvedimenti. Il primo della Corte di Appello milanese, secondo cui l’assegno divorzile non è finalizzato a colmare eventuali sperequazioni trai redditi degli ex coniugi, ma deve garantire al coniuge meno abbiente di potere continuare a godere, ove possibile, di un tenore di vita simile a quello goduto in costanza di convivenza coniugale (Corte App. Milano, sez. famiglia, decreto 10 gennaio 2013).
Il secondo, del Tribunale di Firenze, in cui si afferma che l’assegno divorzile non può essere riconosciuto per il solo divario reddituale tra i coniugi, altrimenti si realizzerebbe un’alterazione della sua funzione che eccede il limite della ragionevolezza (Trib. Firenze, ordinanza 22 maggio 2013).
La realtà è che prima della ormai famosa sentenza della Cassazione n. 11504/2017, che ha rivoluzionato l’interpretazione dell’art. 5 della legge sul divorzio, la giurisprudenza dominante considerava il divario reddituale come presupposto per l’attribuzione dell’assegno divorzile.
Si rammenta la Cass. Civ. n. 26491/2013, secondo cui, ai fini della concessione dell’assegno, ciò che rileva non è lo stato di bisogno dell’avente diritto, che può anche essere autosufficiente, ma l’inadeguatezza dei mezzi economici, anche rapportati al tenore di vita goduto durante il matrimonio, ed il “gap reddituale”.
Rilevante è il deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle condizioni economiche del coniuge che, in linea di massima, devono essere ripristinate, in modo da ristabilire tendenzialmente l’equilibrio (Cass. Civ. n. 21604/2013).
Sulla base dei nuovi principi di diritto sanciti dalla sentenza 10 maggio 2017, n. 11504, il giudice del divorzio, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi, deve verificare, circa l'an debeatur, se la domanda di assegno sia fondata in base alla mancanza di mezzi adeguati o, comunque, all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.
Nel compiere questa verifica, deve informarsi al principio dell'autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali "persone singole" e quindi con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica .
Il presupposto per riconoscere l’assegno di divorzio non si basa più sul confronto con il pregresso tenore di vita, ma sull’criterio dell’indipendenza o autosufficienza economica del richiedente, che può essere desunta dai alcuni indici quali: il possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione.
A questo punto il Tribunale milanese, propone uno dei primi esempi di applicazione dei nuovi principi.
“Per indipendenza economica deve intendersi la capacità per una persona adulta e sana – tenuto conto del contesto sociale di inserimento – di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse sufficienti per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)”.
“Un parametro (non esclusivo) di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare degli introiti che, secondo le leggi dello Stato, consente (ove non superato) a un individuo di accedere al patrocinio a spese dello Stato (soglia che, ad oggi, è di euro 11.528,41 annui ossia circa euro 1.000 mensili)”.
Un ulteriore parametro, per adattare in concreto il concetto di indipendenza, può essere il reddito medio percepito nella zona in cui il richiedente vive ed abita.